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Santuario Diocesano

San Salvatore da Horta

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SAN SALVATORE DA HORTA, IL SANTO DEI MIRACOLI

Il futuro santo nacque a Santa Coloma de Farners, centro della Catalogna, in un giorno del dicembre 1520. I genitori, il cui cognome era Grionesos, lavoravano in un piccolo ospedale locale. Rimasto orfano si trasferì a Barcellona e fece diversi lavori per mantenere se stesso e la sorella Blasia.

Appena quest'ultima si sposò, il giovane poté attuare il desiderio di dedicarsi alla vita religiosa. Dopo un periodo trascorso nel monastero benedettino di Montserrat, il 3 maggio 1541 entrò nel convento francescano di Barcellona e assunse il nome di fra' Salvatore. Nel 1542 fece la professione religiosa e venne trasferito nel convento di Tortosa. In seguito fu trasferito più volte in diversi conventi, tra cui quelli di BellpuigHorta, dove rimase per dodici anni, Reus. Era sempre destinato a svolgere i lavori più umili e faticosi.

Intanto la gente giungeva numerosa a visitare il frate, in quanto gli venivano riconosciute doti di taumaturgo e gli furono attribuiti molteplici miracoli. Questa fama rese fra' Salvatore scomodo agli stessi confratelli, tanto da provocare i suoi continui trasferimenti. I fatti che lo videro protagonista gli attirarono anche una denuncia all'Inquisizione di Barcellona, che si risolse in un nulla di fatto. La sua ultima destinazione fu il convento di Santa Maria di Gesù a Cagliari, dove giunse nel novembre 1565. Qui morì in fama di santità in seguito a una malattia il 18 marzo 1567.

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La Principessa Belmonte e il miracolo di San Salvatore

Leggenda vuole che la principessa Belmonte fosse in cura all’Ospedale degli Incurabili di Napoli, nell’anno 1580. La povera donna era affetta da una grave paralisi alle gambe, e dato che nessuna cura aveva funzionato, ella decise di affidarsi alla misericordia divina. Una sera giunse al suo capezzale un frate francescano, il quale aveva un aspetto molto benevolo e degli occhi vispi. Con gentilezza, il frate si rivolse alla principessa: «Signora, so che siete molto devota alla Madonna degli Angeli, e a lei implorate ogni giorno la liberazione delle vostre sofferenze; ebbene, se desiderate veramente essere esaudita e ottenere la guarigione, è necessario raggiungere un villaggio poco distante dalla città di Napoli; io stesso vi farò da guida, e una volta raggiunta l’immagine della Madonna otterrete perfetta guarigione.»

 

Il giorno successivo, la nobildonna si recò nel piccolo villaggio del Castello di Orta, luogo che le aveva indicato il frate. A bordo di una lettiga tirata da due muli, la principessa Belmonte si diresse nel sito previsto. Nei pressi di un muro di cinta, posto al confine del villaggio, vi era un affresco raffigurante la Madonna degli Angeli. Il frate chiese alla donna di scendere dalla lettiga, accanto all’effigie della Vergine. A quel punto, il miracolo fu compiuto! La principessa Belmonte riuscì a stare dritta sulle sue gambe, e a camminare. Quanto il frate aveva promesso, si era avverato. Ad un tratto, l’uomo però non venne più visto, e scomparve nel nulla…

 

Appena rientrata a Napoli, la nobildonna si recò immediatamente nel convento di Santa Maria la Nova, per chiedere notizie del misterioso frate francescano. I frati di questo specifico santuario, infatti, indossavano lo stesso identico abito del frate che l’aveva salvata per intercessione con Dio. Quando ella spiegò ogni cosa al superiore del convento, l’uomo si commosse e pianse di gioia! Mostrò alla nobildonna che la persona che le aveva salvato la vita, con l’aiuto della grazia divina, era Fra Salvatore da Horta, un frate laico spagnolo morto poco tempo prima.

 

L’opera che ritraeva il francescano corrispondeva esattamente al misterioso fraticello che l’aveva accompagnata al Castello di Orta. La donna, senza alcuna esitazione, tornò nuovamente nel luogo che le aveva restituito la gioia, il Castello di Orta, e rese omaggio alla Vergine Maria e al francescano Salvatore da Horta, con l’edificazione del Convento francescano e della nuova Chiesa. La felicità della principessa era stata immensa, e così la sua gratitudine verso la fede.

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